TERAPIA

VERTEBROPLASTICA E CIFOPLASTICA

Le fratture vertebrali sono una patologia frequente e spesso invalidante: si stima che ci siano circa 100.000 nuovi casi all’anno solo in Italia (Fonte Ministero della Salute).

La causa più importante in assoluto è l’osteoporosi, che determina un progressivo indebolimento della struttura ossea, fino a determinare fratture anche per traumi minimi (un colpo di tosse, un dosso stradale…). Seguono per frequenza le fratture traumatiche e quelle secondarie a metastasi ossee. Tra le cause frequenti va menzionato anche l’uso cronico di cortisone per malattie reumatiche, polmonari o di altro tipo.

 

Il sintomo più frequente e importante è il dolore, che può essere sordo e continuo; più spesso però allarma per il suo carattere lancinante, improvviso, che segue ai cambi di posizione e al movimento. La variabilità con cui viene avvertito è tale per cui vi sono persone che scoprono dopo diversi anni di aver avuto dei crolli vertebrali e altre che restano immobili a letto per l’intensità con cui si manifesta il dolore.

Per i pazienti...

Spesso i pazienti non sanno a cosa vanno incontro. Di seguito qualche semplice informazione…

cosa mi succede se mi sottopongo all'intervento

L’intervento viene eseguito in regime di Ricovero ordinario di due-tre notti. il Paziente viene ricoverato in reparto e preparato per poi essere accompagnato in sala interventistica perché si ritiene che la sterilità debba essere controllata accuratamente. Al termine dell’intervento eseguito in anestesia locale il pazienre viene riportato in stanza di ricovero.

quali precauzioni devo osservare?

Non ci sono particolari precauzioni. Dopo l’intervento il paziente deve rimanere allettato nella prima giornata pur avendo una rapida risoluzione del dolore.

QUALI LIMITI?

In genere le fratture o i cedimenti vertebrali avvengono in paziente con gravi condizioni osteoporotiche. La risoluzione di una frattura o cedimento non significa una guarigione dalla condizione clinica. Durante il ricovero verrà verificata la terapia in corso per combattere l’osteoporosi nel mesi successivi. Nello stesso tempo si consiglia una attività quotidiana attenta.

chiarimenti....

In letteratura sono riportate molte possibili conseguenze, soprattutto in casi di fratture multiple. Tra queste è necessario ricordare la cifosi dorsale, ovvero l’incurvamento della colonna ed eventualmente la comparsa di gobba, la riduzione dell’altezza corporea, fino a difficoltà respiratorie. Spesso però si trascura un fattore che noi riteniamo importante: la frattura determina la rottura di un equilibrio, cioè il cambiamento di forma della vertebra fa sì che il peso corporeo venga sostenuto non più dall’intero soma di ciascuna vertebra, ma solo da una parte di esso (tipicamente quella anteriore, strutturalmente più debole). Questo determina almeno due problemi: la maggior facilità che altre vertebre già fragili vadano incontro a rottura per il maggior carico di lavoro e un assetto posturale che sollecita in modo importante le faccette articolari, i legamenti e i muscoli della colonna. In quest’ultimo caso spesso il paziente è candidato nel tempo a sviluppare dolori alla schiena che richiedono terapie croniche aggiuntive.

Le opzioni terapeutiche sono sostanzialmente di due tipi: approccio conservativo e chirurgico. La scelta dipende da vari fattori, non ultimo l’esperienza e la conoscenza approfondita del problema di chi viene a contatto con il paziente.

APPROCCIO CONSERVATIVO

L’approccio conservativo è molto frequente, ha sicuramente il vantaggio di evitare un intervento chirurgico ed i rischi ad esso connessi; al paziente sostanzialmente viene chiesto di stare a riposo, di assumere farmaci per il dolore e per sostenere il metabolismo dell’osso, eventualmente di indossare un busto. Esistono delle problematiche di cui bisogna tenere conto: non è consigliabile il riposo assoluto, poiché è dimostrato che l’osso non sollecitato dallo stimolo meccanico tende a impoverirsi e l’osteoporosi si aggrava in poco tempo. Questo potrebbe essere un problema nel caso di un paziente con dolore molto intenso. La terapia del dolore ha diversi limiti: spesso le fratture colpiscono gli anziani, che a volte soffrono già di varie patologie (comorbidità) e quindi potrebbero esserci dei problemi nell’utilizzo di alcuni farmaci (esempio insufficienza renale o epatica); inoltre il dolore improvviso e violento che a volte si può provare difficilmente è controllabile anche con farmaci molto potenti come gli oppioidi, almeno ai dosaggi consueti; infine bisogna considerare che il dolore può durare da uno a dodici mesi a seconda dei casi. La terapia metabolica con farmaci che cercano di ridurre il riassorbimento osseo determinato dagli osteoclasti (bifosfonati) è una terapia a lungo termine, non ha effetti immediati sulla frattura recente e a volte non riescono a riportare l’equilibrio necessario ad impedire nuovi crolli. Il busto rigido può dare sollievo (non sempre) ma a volte viene abbandonato perché scomodo da indossare.

APPROCCIO MININVASIVO

L’approccio chirurgico in genere prevede l’inserimento di cemento (polimetilmetacrilato) all’interno del corpo della vertebra tramite un ago introduttore per stabilizzarla, o un intervento  chirurgico di stabilizzazione qualora non sia compatibile il primo approccio (ad esempio una frattura traumatica complessa), e richiede alcune considerazioni: prime fra tutti un requisito temporale e uno anatomico. Una frattura deve essere relativamente recente perché abbia senso stabilizzarla con del cemento: per capire se una vertebra può essere candidabile all’intervento è necessario studiarla attraverso Risonanza Magnetica o TAC abbinata a scintigrafia, con rare eccezioni. Il chirurgo valuterà poi se la vertebra può essere trattata con una delle tecniche per l’inserzione del cemento: la cifoplastica e la vertebroplastica. La differenza tra le due consiste unicamente nel posizionamento di un palloncino all’interno della vertebra che viene gonfiato prima di inserire il cemento, allo scopo di creare maggior spazio per il cemento e risollevarla. Riguardo a quest’ultimo punto nella nostra esperienza siamo un po’ scettici sul risultato, a meno che la frattura sia molto recente; vero è invece che la procedura avrà meno rischi intraoperatori di stravaso di cemento (leakage) per la minor pressione con cui viene iniettato.

 

Il vantaggio principale della stabilizzazione con cemento consiste nella riduzione del dolore: se l’indicazione è giusta (criteri radiologici, anatomici, meccanismo di insorgenza del dolore legato alla vertebra e non alle strutture attorno) il dolore può ridursi o scomparire anche nell’arco di poche ore, o al massimo tre settimane. Un altro vantaggio è la prevenzione dell’ulteriore riduzione di altezza della vertebra, che riduce quindi i rischi già descritti. Naturalmente bisogna ricordare che si tratta sempre di una procedura chirurgica che viene eseguita in un sito anatomico delicato (vicino a midollo spinale, polmoni, grossi vasi), pertanto non esente da rischi ma che, in mani esperte e con la dovuta prudenza, è una metodica molto efficace e sicura. Le controindicazioni, oltre a quelle temporali e anatomiche, sono legate soprattutto a problemi di coagulazione del paziente e infezioni in atto.

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